C’era una volta un Re che aveva una figlia molto buona e gentile. Un giorno, la principessa era affacciata al balcone del suo castello con le sue amiche, quando passò per la strada una vecchietta vestita da povera.
“Signorina, mi può fare la carità? Ho tanta fame…” chiese la vecchietta.
“Ma certo, poverina,” disse la principessa. E le gettò un sacchettino di monete.
“Oh, signorina, sono pochi… me ne dà ancora un po’?”
La principessa, ancora gentile, le lanciò un secondo sacchettino.
Ma la vecchietta insistette: “Un altro ancora, per favore…”
Allora la principessa, stufa di tutta quella insistenza, disse: “Basta! Te ne ho già dati due. Non essere fastidiosa!”
La vecchietta, che in realtà era una strega travestita, alzò il bastone verso il cielo e gridò:
“Che tu non possa sposarti finché non troverai il Bello Addormentato!”
La principessa rientrò in camera sua piangendo. Il Re la trovò in lacrime e le chiese cosa fosse successo. Lei raccontò tutto, e disse: “Devo trovare questo Bello Addormentato, anche se non so nemmeno chi sia!”
Il Re, dispiaciuto, disse: “Vai a cercarlo allora! Così potrai essere felice.”
E così, la principessa partì da sola, decisa a cercare il misterioso uomo Addormentato.
Camminò per giorni e giorni finché, in mezzo al nulla, trovò un palazzo enorme tutto fatto di marmo. La porta era aperta e tutto dentro era illuminato.
“C’è qualcuno?” chiese. Ma nessuno rispose.
Andò in cucina: una pentola bolliva da sola con la carne, e la credenza era piena di cibo. Aveva tanta fame che si mise a mangiare. Poi trovò un bel letto, ci si sdraiò e disse: “Domani vediamo cosa succede.”
Il giorno dopo esplorò tutto il palazzo. In una stanza, trovò un uomo bellissimo, addormentato su un letto. Accanto c’era un cartello che diceva:
Chi mi veglierà per un anno, tre mesi e una settimana,
diventerà mia sposa e regina.
“È lui! Il Bello Addormentato!” esclamò la principessa.
E decise di restare lì, a vegliarlo giorno e notte.
Passò un anno intero, e poi tre mesi. Era così stanca che un giorno, sentendo un uomo gridare dalla strada “Chi cerca domestiche per le vostre abitazioni, castelli e palazzi?!”, pensò: “Se prendo una domestica, mi potrà aiutare, così posso riposare un po’.”
Vorrei una donna dall’aspetto umile e gentile. Ma quella non era una vera domestica… era la strega travestita, tornata per ingannarla di nuovo.
La principessa disse: “Ti prego, fammi dormire solo tre giorni. Al quarto, svegliami. È importantissimo!”
“Non ti preoccupare, mia cara, dormirai tranquilla.”
Ma quando passarono tre giorni, poi quattro… la strega non la svegliò. “Che dorma ancora!” pensava. “Meglio per me!”
E al settimo giorno… il Bello Addormentato aprì gli occhi. Vide solo la domestica.
“Tu hai vegliato su di me? Tu sarai la mia sposa!”
Il palazzo si riempì di gente: cuochi, servitori, musicisti. La magia era finita.
La principessa si svegliò e capì tutto. “Mi ha tradita!” gridò. “Ho perso tutto per colpa sua!”
Il Bello Addormentato, che ora era di nuovo Re, chiese alla strega:
“Hai vegliato tu da sola?”
“Beh… sì. C’era una ragazza, ma dormiva sempre,” rispose la strega mentendo.
E il Re la sposò, anche se era sempre brutta, dentro e fuori, nonostante i vestiti da regina.
Passarono alcuni giorni, e il Re decise di partire per vedere i suoi territori. Come sempre, prima di ogni viaggio, chiedeva ai suoi servitori cosa volessero in regalo.
“Un fazzoletto!” disse uno.
“Un cappello!” disse un altro.
Alla fine, chiese anche alla vera principessa che era chiusa in camera in lacrime da giorni:
“E tu, cara, cosa desideri?”
Lei rispose con un sospiro: “Un acciarino*, una candela nera… e un coltello.”
Il Re si stupì, ma promise di portarglieli.
Tornando dal viaggio, si accorse di aver dimenticato proprio quelle tre cose. Quando tornò in città, un negoziante (che era in realtà una Fata buona, e aveva osservato tutto) gli disse:
“Maestà, prima di darle questi oggetti, segua questo consiglio: quando tornate al castello, non datele subito il regalo. Aspettate tre giorni, poi chiedetele un bicchiere d’acqua. Mentre va a prenderlo, mettete le tre cose nella sua stanza e nascondetevi.”
Il Re seguì il consiglio. Dopo tre giorni, bussò alla stanza della principessa.
“Ho sete, mi porti un bicchiere d’acqua.”
Mentre lei era via, lui mise l’acciarino*, la candela nera e il coltello sul comò e si nascose sotto il letto.
La principessa tornò e non trovando il re posò il bicchiere sul comodino, vedendo i regali, si chiuse nella stanza. Accese la candela con l’acciarino, conficcò il coltello nel tavolo, si inginocchiò davanti e cominciò a parlare:
“Ti ricordi di quando quella vecchia mi maledisse?
Ti ricordi che ho viaggiato tanto per trovare il Bello Addormentato?
Che ho vegliato per un anno, tre mesi e una settimana?
E che quella serva mmi ha tradita nel mio unico momento di debolezza?
Chi meritava di diventare regina? Io, o lei?”
E il coltello, incantato, rispose:
“Tu.”
“Allora,” disse lei, “sconficcati dal tavolo e conficcati nel mio cuore.”
Ma il Re saltò fuori da sotto il letto, la abbracciò forte e disse:
“No! Tu sei la vera regina. Ho sentito tutto. Ora lasciami sistemare le cose.”
Il Re organizzò una grande festa e invitò tutti a sedersi alla tavola reale. Fece sedere anche la principessa, con il volto ancora triste.
Durante il banchetto, raccontò una storia simile alla sua. E poi chiese a tutti:
“Secondo voi, chi meritava di diventare regina: quella che vegliò un anno e tre mesi, o quella che arrivò all’ultimo momento?”
Tutti risposero in coro: “Quella che ha vegliato per tanto tempo!”
Allora il Re si alzò e disse:
“Ecco: lei è la vera regina. E quella lì è la strega che l’ha tradita!”
E tutti gridarono: “Via la strega! Via l’inganno!”
La strega fu mandata via per sempre, e il Re sposò la principessa con una bellissima festa.
E da quel giorno vissero felici e contenti, perché la verità e la bontà, alla fine, vincono sempre.
Morale della fiaba
La pazienza, la gentilezza e la verità vengono sempre ricompensate, anche quando sembra troppo tardi. Le bugie e i tradimenti, prima o poi, vengono scoperti.
Nota: fiaba tratta dall’originale “Il palazzo dell’Omo morto (Venezia)” di Italo Calvino
*L’acciarino è una piastra in acciaio usata prima dell’invenzione degli accendini per accendere il fuoco