C’era una volta, in un piccolo villaggio, un ciabattino di nome Giovan Balento. Era un ometto minuto, ma con una testa piena di idee. Passava le sue giornate a cucire scarpe e a riparare quelle vecchie, ma sognava di fare qualcosa di grande.
Un giorno, mentre era intento a lavorare, Giovan Balento si punse un dito con l’ago. “Ahi!”, gridò, “Che dolore!”
Nessuno dei vicini si preoccupò di lui, ma invece tutte le mosche del villaggio entrarono curiose in casa sua. Alcune si posarono sul dito ferito, altre si calarono nel piatto di pastasciutta che Giovan Balento aveva appena preparato.
“Sciò! Fuori da casa mia!” gridò il ciabattino, cercando di cacciarle via. Ma le mosche erano tante e testarde!
Allora, con un gran colpo di mano, diede uno schiaffo in aria e… inviò a contare per terra quante mosche erano cadute. Alla fine dei conti ne aveva uccise mille, e ferite cinquecento!
“Sono un fenomeno!” pensò. “Tutti credono che io non sia capace di nulla, ma ho appena compiuto un’impresa incredibile!”
Così prese un pezzo di stoffa e scrisse a grandi lettere: “Sono Giovan Balento: ne ammazzo mille e ne ferisco cinquecento!” Poi si mise la scritta sul cappello e uscì in piazza.
I paesani lessero la frase e scoppiarono a ridere: “Quanti, Giovan Balento?”
“Mille ammazzati e cinquecento feriti!” rispondeva lui con aria fiera.
La sua fama si sparse per il regno e arrivò fino a terre lontane, tutti lo consideravano un grande guerriero, così decise di smettere di fare il ciabattino e di partire in cerca di fortuna, in sella al suo asinello.
Dopo giorni di viaggio, arrivò a un’osteria piena di ladroni.
“Attenti! Arriva Giovan Balento, che ne ammazza mille e ferisce cinquecento!” gridò lui con voce forte.
I ladroni, spaventati, scapparono lasciando tutto il cibo e i cavalli. L’oste, riconoscente, lo ringraziò.
“Siete il mio salvatore, mangiate a volontà!”
Dopo essersi rifocillato, Giovan Balento scelse il cavallo più bello e ripartì.
Dopo tanto cammino, giunse al Paese dei Giganti. Erano enormi come torri e appena lo videro si misero a ridere.
“Tu sei Giovan Balento? Vediamo se sei davvero così forte! Sposta quel monte fino a qui!”
Giovan Balento finse di prepararsi all’impresa e gridò: “Fuggite, fuggite tutti! Ora farò rotolare il monte!”
I Giganti si spaventarono e scapparono via, lasciandogli libero il passaggio.
Più avanti, trovò due eserciti pronti a combattere. Il Re, disperato, lo riconobbe e gli disse: “Grande Giovan Balento, prendete il comando del mio esercito!”
Giovan Balento cercò di spiegare che era solo un ciabattino, ma nessuno volle ascoltarlo. Lo vestirono da generale e lo misero su un cavallo. Appena il destriero partì al galoppo, tutto l’esercito lo seguì e… incredibilmente vinsero la battaglia!
Il Re, felice, gli offrì la mano della principessa, ma Giovan Balento rifiutò e proseguì il suo viaggio.
Dopo tanto cammino, arrivò nel Regno delle Amazzoni, popolato solo da donne guerriere che non permettevano a nessun uomo di entrare.
“Intruso!” gridarono le Amazzoni, catturandolo e portandolo dalla Regina, che non aveva mai sorriso in vita sua.
“Ora ti puniremo!” disse lei. “Ma prima, dimmi: hai davvero ammazzato mille e ferito cinquecento?”
“In un sol colpo, Maestà!” rispose lui. “Se mi sciogliete, vi mostrerò come.”
La Regina gli tolse le catene e Giovan Balento diede un gran colpo d’aria. SPLAT! Tutte le mosche intorno a lui caddero stecchite!
La Regina scoppiò a ridere.
“Ah, ah, ah! Non ho mai riso così tanto in vita mia! Sei davvero straordinario, Giovan Balento! Vuoi diventare mio sposo?”
Così si fecero grandi feste, e Giovan Balento diventò Re delle Amazzoni.
Morale
Non sempre la forza fisica è necessaria per vincere le sfide: con ingegno, determinazione e un pizzico di fortuna, anche un semplice ciabattino può diventare un grande eroe.
Nota: tratta dal racconto originale “Giovan Balento (Corsica)” di Italo Calvino inserita nella raccolta Fiabe Italiane